Cercando nel labirinto degli specchi

Saturday, 5 April 2014

Ridotte all'osso (ragazze internate)

Per molte di noi l'ospedale era un rifugio e una prigione. Se eravamo tagliate fuori dal mondo e da tutti i guai che lì ci divertivamo a provocare, eravamo anche tagliate fuori dalle richieste e aspettative che ci avevano condotto alla pazzia. Cosa ci si poteva aspettare da noi, ora che eravamo rinchiuse in una gabbia di matti?
L'ospedale ci difendeva da tutto. Dicevamo al personale di rifiutare telefonate o visite di tutti quelli con cui non volevamo parlare, genitori compresi.
"Sono troppo agitata!" piagnucolavamo, così non eravamo costrette a parlare con nessuno.
Fintanto che stavamo al gioco, non dovevamo cercar lavoro o andare a scuola. Potevamo sottrarci a tutto, tranne mangiare e prendere medicine. 
In uno strano modo eravamo libere. Avevamo toccato il fondo. Non avevamo nient'altro da perdere. Privacy, libertà, dignità: era tutto sparito, ed eravamo ridotte all'osso.

Susanna Kaysen, La ragazza interrotta, Corbaccio, Varese 1993, p.93

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