Lontano, lontano, lontano da sé, lontano da tutti, lontano da tutto, prende anch'egli le sue decisioni. Gli altri a cui non può uniformarsi, uomini dal godimento facile, dall'indicibile insignificanza, sprovvisti d'importanza, sprovvisti di logica, egli si terrà in disparte da tale fiera del cattivo gusto; non parteciperà alla loro vana agitazione che non può e non vuole più seguire. Assume un'aria sprezzante, manierata, di chi la sa lunga. Lui è lontano da quel mondo, lontano, solo. Anche di ciò che accade in lui stesso, egli non può integrarsi nulla, tutto ciò che accade in lui è "adibito ad altro" e in rovina. Egli non si assume ciò che racconta. Un disegno atroce (assai poco atroce per lui, essendo un lieve, troppo lieve sostegno per continuare a vivere) egli in seguito lo guarda con aria distratta, incredula, come se non lo riguardasse. Parlerà senza scaldarsi dell'odio contro i suoi persecutori. Egli segnala soltanto. Osserva, distaccato.
[...]
Un sorriso ironico o triste conclude il racconto del suo dramma che gli hanno fatto esporre, ch'essi non comprenderanno mai. Distanza.
H. Michaux, Allucinogeni e conoscenza, Rizzoli, Milano 1968, pp. 159-161
No comments:
Post a Comment