Nell'Inno alla gioia di Schiller incontriamo quest'idea di una compensazione della misera e piccina condizione dell'uomo per mezzo della grandiosità di quello stato totalmente inconscio che è l'entusiasmo dionisiaco. Durante l'intossicazione il dio fa ingresso nel mýstēs. Questi diviene egli stesso un dio, diviene la grande corrente della natura, il suo stesso flusso, e non esiste più alcuna preoccupazione individuale. È un modo per affrontare gli affanni quando diventano troppo pesanti. È la maniera tipica dell'isteria, per usare un'espressione assai misurata in relazione a tale fenomeno, ed è anche quella dell'alcolista che ricerca nell'intossicazione la perdita di consapevolezza. Cerca di sfuggire ai propri problemi dissolvendosi nell'immensità dell'universo, poiché l'individuo isterico tenta di salvarsi dal proprio complesso. L'altra via, quella psicastenica o introversa, conduce a rinchiudersi da qualche parte con il proprio complesso, a evitare le altre persone, a evitare l'intossicazione per fissare il proprio complesso dritto in faccia e non fare nient'altro. Questa potrebbe essere la modalità apollinea. Naturalmente con il termine "apollineo" non s'intende tutto questo, trattandosi piuttosto di una modalità da assumere nel senso della discriminazione, del discriminare te stesso in quanto contrassegnato da un complesso, cosa che ti distingue da tutti gli altri essere. Nessun grande abbraccio con l'universo, quindi, non un solo bacio alle sue creature: concentrarsi totalmente sul complesso fissandolo dritto in faccia, essere un mostro rinchiuso in un monastero, venire a patti con il fatto di essere esclusi. Questa è un'altra strada, un altro mezzo di redenzione, o percorso di grazia, se preferite.
C. G. Jung, VIII conferenza della sessione primaverile 1934 dei Seminari sullo Zarathustra di Nietzsche,
Bollati Boringhieri editore, Torino 2011, p.153-54
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