Cercando nel labirinto degli specchi
Sunday, 6 January 2013
Nel vetro bianco
Pescò una M'n'M blu, invece che verde, e rimase folgorata.
La guardò per un po', sbattendo le ciglia.
Il cioccolatino, col suo duro cuore di arachide, non ricambiò l'occhiata.
Munchies strozzò un urlo in gola, e schizzò fuori, via verso la stanza dei giochi.
Doc era seduto per terra, e dava le spalle alla porta.
Quando Munchies entrò, stringendo tra le dita l'M'n'M che cominciava a stingerle addosso, lui non si mosse, la lasciò fare.
Lei avrebbe potuto pensare di andarsene, per poi tornare solo una volta preparato il the, ma non lo fece. Non indietreggiò, non si ritrasse.
Corse verso il vetro, fermandosi solo quando un suo riflesso la colpì negli occhi.
Doveva esserne fiera. Aveva pulito quella barriera dannatamente bene.
Batté sul vetro, nel modo che a quanto pare dà un tremendo fastidio ai pesci d'acquario, con la mano libera dal sacro dolcetto.
L'azzurro le aveva ormai impiastricciato sia l'anulare sia il medio, tra cui Munchies ghermiva il cioccolatino.
Doc si voltò, finalmente, e salutandola con la mano si alzò, lasciando Münchhausen a boccheggiare.
Perché quel giorno Doc non indossava gli occhiali.
Aveva un'elegante camicia di forza bianca immacolata, al cui collo Munchies pensò di vedere un grande candido fiocco, ampi pantaloni intonati, e niente scarpe, solo tubolari della stessa sfumatura che contiene tutti i colori.
Niente occhiali. Forse lenti a contatto.
Non possiamo lasciargli alcuna fonte da cui ricavare armi.
Il suo sguardo era nudo, dritto negli occhi di Münchhausen, ed era debilitante.
Come cadere tra le crepe di un lago ghiacciato, davanti a un angelo, senza nulla addosso.
Munchies spezzò l'M'n'M tra le mani, e nemmeno se ne accorse.
Finché non si guardò i palmi, e vide su ciascuno una metà celeste, dai bordi irregolari, ma tracciati di netto. Come due stimmate color cielo, o come se avesse avuto in ciascuna mano un occhio asportato dal viso svelato di Doc.
Non la mangi? le chiese lui, dolcemente.
Lei annuì, perché l'aveva detto Doc!, ma prima di accostare una delle due parti alle labbra, porse a lui la sua gemella.
Doc si avvicinò ancora di più al vetro, tanto che il suo respiro ora ne appannava la superficie, quando usciva dalla sua bocca in morbide nuvolette - faceva un freddo infernale, in quella stanza dei giochi.
Adesso la sua bocca era a un soffio dalla barriera - e quindi a due soffi da lei.
Munchies si appoggiò tra le labbra la metà che teneva nella mano destra, e con la sinistra, con l'indice e l'anulare colorati di blu, tracciò sul vetro un sorriso felice.
Proprio all'altezza della bocca di Doc. Della sua cicatrice.
Indugiò un attimo al centro del disegno, dove il sorriso ferito di Doc effettivamente era, e poi concluse l'opera, esaurendo tutto il colore che l'M'n'm le aveva dato.
La metà che spettava a Doc era sparita, in quel gesto.
Munchies guardò Doc, e vide che assaporava allegramente qualcosa.
I tuoi capelli devono essere proprio soffici, mormorò lei, catturata, fissando la sua testa senza battere ciglio. Come piume di un anatroccolo.
Doc si sfiorò perplesso la nuca, come un bambino un po' in imbarazzo, e assentì. Sì, beh, non sono male...
Sono fantastici, continuò Munchies, ancora in trance. Bianchi come la neve... perfetti con i tuoi occhi, e con la tua carnagione di porcellana.
Doc arrossì, e i suoi occhi si velarono di una amara tenerezza.
Doc era sempre così, malinconico - come se avesse avuto una ferita nell'anima, che di tanto in tanto si riapriva, e lo faceva star male.
Sei felice, qui, vero? chiese Münchhausen.
Come temeva.
Doc appoggiò le dita della sinistra sul sorriso, al centro, dove, dall'altra parte, la bocca di Munchies effettivamente era.
Sorrisero entrambi, senza implicature.
Sai, io... probabilmente non vorrò uscire mai di qui. Di certo non migliorerò - non è questione di speranza, perché non è... "guarire", ciò che voglio. Sto meglio ora, di quando ero più "sano". E non voglio tornare a ciò che ero, non voglio fare ciò che dovevo fare prima. Non voglio uscire, e avere contatti con altri. Gli altri... non li riesco neppure a guardare. Una volta, quando dovevo stare là... fuori... dovevo starci in mezzo, soffocare nella loro stessa melma, e stavo male. Così male, che per sentirmi bene avrei dovuto fare loro del male. Non tornerei a quei giorni, mai, e non vorrei poterli rivivere, neanche in altro modo. Io sono così, e sto lontano dagli altri. Non posso stare con loro - non è questione di volontà, io... semplicemente, non ci penso. Non riuscirei a immaginarlo, nemmeno sforzandomi. Adesso che posso... stare senza di loro, sto bene. Adesso sto da solo... e con te. Se ci fosse una cura per la malattia della mia...anima, un modo per ricucire il danno e tinteggiare sopra la mia colpa... io non la vorrei. Probabilmente, non farebbe neppure effetto, su di me. Perché io sono troppo marcio, e corrotto, perché qualcosa possa anche solo provare a salvarmi. Perciò io sto con me, e basta. Sono l'unico che può restare... vivo... nella stessa stanza, con me. Non riuscirei mai neanche a... desiderarlo, di essere con qualcun altro. Ecco, la tua... a quanto è risultato, è l'unica esistenza che non devo neppure costringermi a "tollerare" al mio fianco. L'unica che accade insieme a me, che si intreccia alla mia, e non mi fa male.
Poi tornò in silenzio, a guardarla tremare.
Fu come un bacio, e lasciò Munchies senza parole.
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