Cercando nel labirinto degli specchi
Tuesday, 22 January 2013
Münchausen Iced Tea
Quindi, temo di essere innamorata di te.
Una bomba H dal nulla, brillata nel ghiaccio artico.
Doc appoggia con calma la tazzina sul piattino, si pulisce educatamente gli angoli della bocca col tovagliolo ricamato da una sua antica ava secoli prima, e alzando gli occhi dal bignè bianco a Munchies afferma gravemente: Oh.
I secondi passano interminabili, ed è ora Munchies a spostare lo sguardo su quel bignè, che probabilmente esploderà a breve sotto i raggi del loro imbarazzo.
Lei si trattiene faticosamente dallo scusarsi. Lui, sembra paralizzato dallo shock.
Temevo che sarebbe successo, Munchies ha il terrore che Doc dica, da un momento all'altro.
Ma lui si limita a abbassare lo sguardo, di nuovo, e il pasticcino si trova al centro dell'attenzione di tutti i partecipanti al Tea Party.
Cioè, loro due.
Ti ringrazio. Davvero... Non capisco perché.
Lei, freddata dalla suprema cortesia di Doc, non sa che dire.
Sapeva che era un sentimento ovvio e a senso unico, e non si aspettava certo di finire tra le sue braccia. Tuttavia, proprio a causa di questo sentimento naturale e senza speranza, non può ignorare il bruciore che sente dentro.
Come ammoniaca su un taglio fresco, suppone, per quanto non abbia mai avuto la ventura di provare.
Per procurarsi la sua dose di autolesionismo quotidiana, Munchausen solleva la testa, e studia l'espressione di Doc.
Anche lui ha rialzato gli occhi, non sorride, e nel suo tait bianco fa risaltare il blu della sua anima così nitidamente da fare male. Come una lama nel burro ammorbidito dal sole primaverile, quel ciano fosforescente scorre senza difficoltà nella carne del cuore di Munchies.
Non ho mai pensato di essere qualcosa che si potesse amare.
Lei neanche avendone la forza saprebbe cosa obiettare.
Aspetta, esausta, sulla sedia, chiedendosi se Doc le fornirà qualche altra delucidazione. Intanto sente la sua anima gocciolare giù da lei, spandendosi in una larga pozza rosso cupo sul pavimento.
È così: Doc è bianco e turchese, Munchies bianco e borgogna.
Io faccio, e ho sempre fatto... solo soffrire. Non c'è nulla in me che non sia un male, per gli altri. Lo so da quando ero piccolo... ed è per questo che mi sono smascherato e nascosto. Io... ti ringrazio. Non posso capirti, però, aggiunge, esitando, con un sorriso debole e triste che inizia presto a sfumare.
Sembra quasi che anche lui voglia scusarsi, pensa Munchies, e poi cancella e riavvolge il pensiero.
Doc non voleva ferirla, ma se è triste, lo è per sé stesso, e non per lei, lo sa.
Quello che negli esseri umani è il senso di colpa, per Doc è la malinconia di una ferita sognata durante l'infanzia.
Non mi capisco neanch'io, risponde lei, e ogni parola è come un parto di parecchi gemelli, morti.
Solo che per me sei straordinario. Sono stata egoista e ho scaricato il peso su di te, con questa confessione. Almeno per questo devo scusarmi, scusa.
L'ultima parola le striscia sulla lingua più tremula delle altre, e si screpola appena lei la pronuncia.
Adesso sarebbe arrivato il momento di scappare, ma Munchies non vuole, e non ce la fa.
Qualsiasi cosa faccia, non potrà mai perdere nulla, agli occhi di Doc.
Perché per lui lei è nulla.
Perfino Doc capisce che non è il caso di commentare.
Rimangono tutti e due a tavola, in silenzio, a guardare senza vedere l'ultimo pasticcino dedicato a Florian.
La cioccolata bianca al mirtillo si raffredda, intatta, tutta sola.
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