Cercando nel labirinto degli specchi
Thursday, 20 December 2012
Nemesi
E nell'assoluta mancanza di senso del tutto, qualcosa mi si getta addosso, stendendomi sul pavimento.
Faccio appena a pensare alle migliaia di germi, ai miliardi di germi che popolano quella superficie che sembra linoleum - come se io sapessi cos'è il linoleum -, che la cosa che mi ha colpito inizia a prendermi a calci. Poderose stilettate, letteralmente. Sembrano proprio costose e chic le scarpe francesi con tacco 12 che mi accarezzano dolcemente il fianco, mentre cerco senza fiato di rialzarmi.
Arriva un momento in cui una ragazza non sa più cosa sia il dolore - e quel momento per me è arrivato poco fa, quando il mio sacro vaso è stato invaso, e il mio pudore è volato via con Cupido. Tra le gambe sento ancora le fitte che immagino diano gli spadoni medioevali quando affondano nella carne, o i tronchi per l'impalamento, ma è un dolce piacere. M'immagino il sangue che macchia delicatamente le mie mutandine, e tra l'esaltazione e lo svenimento rotolo sul fianco libero e mi tiro su, appoggiandomi al muro.
Mi sistemo un po', per essere presentabile quando incasserò il prossimo assalto, e finalmente vedo la belva che mi ha colpito. Ha tutto l'aspetto di una dottoressa, con grandi occhiali tondi sul volto dai tratti raffinati, reso più austero e meno avvicinabile dai capelli raccolti e un camice bianco inamidato, adesso un po' spiegazzato dall'assalto.
Puttana, urlano i suoi grandi occhi verdi, e l'odio lampeggia, amplificato dalle grandi lenti.
Uh-oh, inizio a capire chi potrebbe essere. Giochiamo a Indovina chi - "è psicolabile, e si è infiltrata qui ad Arkham sotto mentite spoglie?" - troppe domande, dovrò saltare un turno.
Puttana! urla lei, e solo allora mi accorgo che da tutte le... ehm, camere con vista del corridoio si affacciano volti che poco concilierebbero il sonno, e che paiono inneggiare alle imprese della sottoscritta.
Che cazz... inizio, ma la dottoressa, all'apparenza tanto bionda quanto instancabile, mi si scaglia di nuovo addosso.
L'indolenzimento alle gambe reclama di colpo la mia attenzione, e mi sento d'un tratto inaspettatamente carica.
Il mio sguardo è attirato da una bellezza tutta curve dai capelli di fiamma, nella vetrata dritta davanti a me.
Colpisco distrattamente la mia assalitrice con un calcio rotante, ma non riesco a staccare gli occhi di dosso a quella visione. La dottoressa torna all'attacco, mi afferra un braccio, conficcandoci le unghie, lunghe, perfette, e smaltate di rosso e di nero, e con la mano libera mi strattona i capelli, ridacchiando tra sé dei miei nodi e delle mie doppie punte. Mi sento mortificata - normalmente non m'importerebbe, anzi, le darei allegramente ragione, ma oggi... oggi devo essere perfetta! Un altro calcio, nello stomaco, e poi via di zampate, senza pensare e senza pietà, ovunque capiti, tranne in piena faccia e sul seno - quelle sono zone sacre. Continuo finché non riesco a liberarmi, e quando finalmente riacquisto l'uso di entrambe le braccia mi getto addosso al nemico, o meglio alla nemica, schiacciandola contro il muro. Riesco a girarla e scaraventarla di faccia contro una vetrata, poi lei mi sfugge e i ruoli s'invertono - mi sbatte al muro.
Un'occhiata sarcastica, e non si trattiene: Mah, contento lui... mah, dev'essere proprio esaurito! Accontentarsi così, di una come te...
Ma non la lascio finire, e strappandole una penna dal taschino gliela punto contro.
Non ti muovere, devo giusto aggiustare... quei bei baffoni che stamattina hai dimenticato di spuntare!
Non è la mia battuta migliore, ma è macchinosa abbastanza da lasciarla senza parole, mentre le avvicino a tutta velocità la punta della penna alla faccia. La respinge con un rapido colpo di mano, ma a quel punto ne approffitto per lanciarmisi addosso a lei fino a farla cadere, come ho imparato nei buoni vecchi allenamenti ad educazione fisica.
Per una portentosa botta di fortuna le finisco sopra, schiacciandola col mio peso più o meno piuma, sufficiente a crearmi numerosi complessi, ma anche a tenerla a terra senza darle possibilità di recupero.
3, 2, 1, knock ou...
Siamo finite proprio davanti alla cella della rossa. La quale mi guarda con un sopracciglio elegantemente alzato, giocando con una rosa rossa come il fuoco dell'inferno, che pare sbocciarle tra le dita proprio ora, lì, sotto i miei occhi.
J...Jessica Rabbit? mormoro, bloccando contro il pavimento che prima supponevo sudicio i polsi della dottoressa. Sono seduta su di lei, con le ginocchia piegate contro la sua vita, e sotto di me si mostra in tutto il suo prosperoso splendore il fisico della mia nemica. Ha il seno così grosso che nella lotta il camice le si è aperto, mostrando uno scorcio della succinta camicetta che ha sotto - ma la mia attenzione è stranamente altrove.
Quella posizione. Il mio corpo ricorda, d'altronde è appena successo - avvampo e tutto sembra prendermi fuoco. Un calore bellissimo che mi offusca la mente - e un bruciore senza interruzioni all'inguine, con qualche crampo anche agli addominali e alle cosce.
Ragazzi, sono vecchia.
La rossa dalla bocca di rosa mi fa l'occhiolino, e per poco non svengo - ma la debolezza non è dovuta a lei, per quanto eccitante possa essere. Anche questo è strano, lo so. Ma io non ci penso, e mi volto verso la cella da cui dovrei essere appena uscita, se il combattimento non ci ha fatto piombare in un altro piano, o dimensione.
Lo intravedo mentre sorride, e alza il pollice, in segno di approvazione - poi qualcuno mi afferra per il braccio e mi tira su, facendomi alzare dalla rivale sconfitta. Il mio vecchio amico - mi lancia un'occhiata amichevole e preoccupata insieme, per sapere se sto bene. Io mi affretto ad alzare il pollice in su, come a dirgli oh yeah. Lui ride scuotendo la testa, senza capire (spero) il motivo della mia incurante euforia, e mi scorta lungo il corridoio, verso il mondo purtroppo reale.
Lo seguo, e così ci lasciamo quel piano, il mio preferito ad Arkham, alle spalle.
L'ho visto - è stato solo un attimo, ma mi è bastato. Sembrava contento, o almeno fiero di me.
Questo mi basta - questo, e che non abbia orrore ad avermi sverginata.
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