Cercando nel labirinto degli specchi

Sunday, 16 December 2012

Munchies

Quando si tagliò le vene, Münchhausen stava solo tentando di stare meglio, almeno per un po’.
Quindi aveva pensato di recidere i problemi sul nascere, e prendersi così qualche tempo di riposo.
Nessuno le credeva mai, quando Munchies confessava di sentirsi male.
Ecco perché la chiamavano Münchhausen - perché pensavano tutti che si inventasse il malessere, per rendersi più interessante, e farsi coccolare.
Munchies era una ragazza piccolina, una chibi beauty che ricordava una bambola di porcellana, a cui però mancava quella terrificante luce negli occhi. Era come se la sua anima si fosse spenta, e lei di tanto in tanto cercasse dentro di sé il pulsante giusto per riaccenderla.
Aveva gli occhi scuri, i capelli scuri, la pelle così pallida da apparire quasi verdognola, e il seno troppo piccolo, come spesso gli altri non mancavano di farle notare. Non stava bene, con gli altri, e questo era solo uno dei tanti motivi.
Ma fu proprio quando Münchhausen decise di dare un taglio netto alla sua melanconia, che suo malgrado sopravvisse, e trovò lavoro come maid al servizio dell’uomo che lei chiamò sempre e solo Doc.
Doc era e un attimo dopo non era ciò che era fino a poco prima, come lo Stregatto. Solo che non sorrideva mai, anche se sembrava che sorridesse sempre: aveva le labbra increspate da un sorriso triste e gentile, e ogni tanto, quando Munchies ne combinava una delle sue, rideva addirittura, ma era una risata delicata e sommessa, che sembrava venire in forma di eco dall’Al di là. Forse anche lui era defunto dentro, pensava qualche volta lei, ma poi questo le pareva incredibile, perché Doc per lei era il migliore tra gli uomini. Non poteva certo avere qualcosa in comune con lei, quello scarto di topolino di fogna che era Münchhausen.     
 Era anche bello, Doc, ma questo Munchies preferiva non ammetterlo, perché altrimenti lo sapeva, che sarebbe caduta nel solito vortice, e chissà dove sarebbe stata scaraventata stavolta.                                          
E così, ogni volta che il sorriso strano di Doc le faceva venire le vertigini o le riempiva di spilli gelati il cuore, Munchies si sistemava la crestina che troneggiava sulla sua massa di capelli mossi e dotati di vita propria e personalità ancora più particolare, e si rimetteva a pulire – perché lei riusciva sempre, ma in quei i casi con un’abilità in particolare, a trovare qualcosa che andasse lavato e ripulito per bene.
Doc era l’unico sulla faccia della Terra a non far sentire Munchies un castello di carte alle prime folate di un tornado.
E Munchies, per Doc… non ne abbiamo proprio il minimo indizio.
Münchhausen adorava il colore argento. E proprio d’argento erano le catene con cui Doc l’aveva legata. Questo legame rendeva un po’ complicato svolgere alcune delle sue mansioni quotidiane, ma lei non se ne preoccupava, perché così era felice lo stesso.                                                                              
Doc l’aveva presa sotto la sua grande ala di albatros, non perché lei fosse proprio lei, ma perché era stata l’unica che si fosse mai avvicinata a lui, senza paura, e senza interessi.                                                            
Münchhausen era per lui un curioso esperimento, bambolina a metà tra una Musa e una serva.


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