Cercando nel labirinto degli specchi
Wednesday, 26 December 2012
Let it blow
Nella vasca, con la schiuma a seppellirmi. Un bicchiere di gin sul bordo.
Odio il gin.
L'acqua è calda, troppo calda, ma ci resto immersa, subisco. Un modo per punirmi, uno vale l'altro.
Quando respiro - o meglio resto col fiato mozzo, e la mia bocca singhiozzando provoca un risucchio, le bolle si sollevano nell'aria, e volano verso l'alto, come se fossero attratte magneticamente da me.
Ma nelle bolle non c'è ferro, o sbaglio? E soprattutto, io non sono una calamita.
Non ho acceso la luce, e l'unica cosa che rischiara il nero totale della stanza è un mozzicone di candela che sta andando spegnendosi.
Anche lui.
Rimarrò qui dentro fino a quando l'acqua non perderà tutto il suo calore, e la schiuma si smonterà, riducendosi a poltiglia saponosa. Non sono mai rimasta così lungo nell'acqua.
La porta scricchiola. Chiudo gli occhi, così proprio non vedo.
Di solito avrei avuto paura... so che i mostri uccidono meglio, nei bagni.
Ma oggi è un giorno un po' triste. Nel giorno gioiglorioso non ci si può preoccupare di nulla.
Ehi, dice una voce vellutata.
Apro gli occhi, ora tocca. In fondo lei è la mia datrice di lavoro.
Oh, scusa, ora me ne vado, cigolo, cercando di esprimere al meglio quanto sia dispiaciuta. Lo sono.
Quando sono giù non riesco mai a dimostrarlo.
No, no, fa lei, calma. Sempre così perfettamente tranquilla. Dentro di lei c'è una tristezza profonda, eppure... per essere una soggetta a gravi attacchi di panico, ha un aplomb notevole.
Posso? chiede poi. I suoi grandi occhi scuri mi studiano il viso, decisi. Decisamente non è imbarazzata, nonostante mi abbia trovata lì nuda e ubriaca.
Non sono ubriaca. Tutti pensano sempre di sì.
Annuisco vigorosamente, per evitare che pensi che la cosa mi dia fastidio. O mi preoccupi. Era forse un modo per farmi uscire dalla vasca più rapidamente? Non colgo le richieste implicite. Non le voglio proprio cogliere.
Allora lei si toglie elegantemente le calze, le spinge lontano con un piede, ed entra. Non si spoglia. In fondo lei è la mia datrice di lavoro.
Si sfila qualche braccialetto - lascia solo quelli in cuoio -, li appoggia tutti al bordo della vasca, sul lato opposto rispetto al mio gin, quindi si siede nell'acqua, davanti a me.
Riesco a contenere appena il fastidio che provo immaginando di avere addosso del tessuto bagnato. Ma su di lei tutto scivola, resta magnifica e non si scompone. Dentro di lei rimane solo e sempre quella tristezza profonda.
Eppure ora il suo viso ha una luce più bella, più serena. Immagino che sia grazie a Mitchell.
Ciao, mormora allora lei, guardandomi.
Ha uno sguardo così da... cerbiatto, in quegli occhi enormi e lucidi color nocciola, che mi dimentico di controllare che tutto il mio corpo sia adeguatamente nascosto dalla schiuma.
Ciao, ripeto, e distolgo lo sguardo, chiedendomi come cammuffare il bicchiere.
Non ho ancora toccato un goccio del suo contenuto, ma non contribuisce certo a dare una buona impressione di me.
Ma lei passa oltre, se ne frega di un po' d'alcol.
Giocando con una ciocca di capelli che le si è bagnata, mi spara dritto al cuore, dal nulla.
Che succede, Jordan ti ha violentata?
Divento rossa come un pomodoro a maggio, ma il cuore mi lacrima di rimpianto, quindi sospiro mio malgrado.
No, perché dovrebbe? chiedo, ma il mio tono rivela un po' più delusione di quanto vorrei. Cioè proprio nessuna.
Aisling raccoglie un velo di schiuma sul palmo della mano, e lo soffia via.
Credo davvero che gli piacerebbe scoparti.
Una bolla prende il volo dalle sue dita, e vaga nell'aria tiepida sopra di noi, ondeggiando.
Glielo si legge in faccia.
Aisling rialza gli occhi su di me.
La bolla scoppia, e tante piccole gocce di sapone mi piovono addosso.
Non credo, mugugno io, a testa bassa.
Sorrido, però.
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