Quel cuore, avvolto nella carta insanguinata. Quella lettera. Un invito.
La luce al neon che viene e che va, volti che scompaiono in un battito di ciglia.
Lei continua a camminare, stringendo tra le mani la lettera scarlatta. Intorno la gente balla, appare e svanisce.
La musica continua, sempre la stessa. Le casse sparano vibrazioni che la attraversano. Tutto il suo corpo vibra. Tutti quei corpi sudati che si accalcano nel buio. Qualche flash rischiara l'oscurità, ma è solo un momento. Poi tutto ripiomba nel caos. Nessuno sembra notare gli altri, ognuno balla per sé.
Pillole bianche che piovono dal cielo. Apre la mano, e nel palmo gliene cade una, sulla pelle macchiata dal sangue. Sente l'odore del ferro, quando riapre il pugno, e guarda la pillola. Un largo sorriso che la sua stretta ha tinto di rosso. La musica s'interrompe. Il cuore ricomincia a batterle.
Sta scendendo negli inferi.
Una gatta in latex le piroetta davanti, poi un altro lampo, e scompare.
Le pillole ricominciano a grandinarle addosso. Sono come Smarties, di un unico e solo colore.
La chitarra riprende a suonare.
Il mondo è ipnotizzato.
Ora lei sente solo quei suoni, la musica e il tonfo assordante del proprio cuore.
Delle note di piano, ogni tanto. Ma che cazzo...
E poi di nuovo la chitarra.
Un suono così acido, distorto e vorticoso...
Il vestito inizia a farle caldo, troppo caldo. I brividi le danno una strana energia.
Vorrebbe strapparsi gli abiti di dosso, e farlo.
Stringe la lettera lorda di sangue, e anche quella sola stretta le dà piacere.
Il cuore è ancora a casa, a marcire.
Si morde il labbro, e continua a cercare.
Una scala. Di metallo, a chiocciola, a precipizio da quel piano verso un abisso.
Ragazzi che scopano tra loro, tutti attorno.
Lei scende.
Si sente cadere, è come cadere, si afferra alla ringhiera e continua a scivolare.
La musica vive per lei che non ha più voglia di pensare.
Nessuno la ferma.
Nessuno la vuole toccare.
L'ultimo gradino - dopo non potrà più risalire.
Alza gli occhi verso il piano che ha appena attraversato. Oltre quel pavimento di vetro, vede tutti quegli sconosciuti baciarsi, strusciarsi, bagnarsi e ballare.
Lassù, tutta quella carne calda, quel fetore di sudore.
Laggiù, invece, non c'è niente. Solo il buio della notte, il freddo.
Quella canzone sembra non finire mai.
Un attimo e il cuore sospende il suo battito.
I suoi piedi toccano il suolo - è fuori, lontana dalla festa.
Qualche pasticca cade sui gradini alle sue spalle, tintinnano sul metallo fresco.
Una caramella verde acido le rotola vicino, fermandolesi davanti.
Quel sorriso, sul verde risplende.
Il suo cuore le scoppia.
Respira a fondo, e l'aria ghiacciata e pungente le trapassa i polmoni come una nuvola di spilli.
Stringe le cosce, per un secondo senza fiato.
Piacere.
Quella ricerca la sta riempiendo fino all'orlo di... piacere.
Ancora un passo, e se non troverà ciò che cerca... esploderà.
Si schiaccia la lettera spiegazzata e sporca sul seno, e i suoi occhi si chiudono.
Un battito.
Li riapre e vede di fronte a lei quel sorriso.
Un respiro - un sospiro, non geme ma le manca poco... Il sorriso è scomparso, restano solo i mattoni umidi delle pareti in cui la festa è imprigionata.
Cala il silenzio, là sopra di lei.
Altre note di piano, una malinconia delicata di pace... Sta per abbandonare ciò che cerca. E poi la chitarra riprende. Ora sente anche la batteria. Non può più aspettare.
Corre, corre fino a schiantarsi contro quel muro. Si getta la pillola che le ha mandato il cielo alle spalle, e con i pugni batte ovunque, colpisce tutti i mattoni, per cercare una porta. Il buio la avvolge ma lei non ha bisogno di vedere. Striscia lunghi i muri, un'ombra che si confonde in tutto quel nero... colpisce sempre più forte, finché non sbatte contro la porta, e la sua disperazione può calare. Un altro pugno, una spallata, e cade in quella tana dove non si sarebbe mai dovuta trovare.
E cade, cade, continua a cadere, cammina o scivola o finisce per inciampare... forse è un corridoio, forse un'altra scala... lei va avanti, il suo vestito si impiglia e si strappa... come una principessa tra i rami della foresta oscura. Qualcosa le graffia qualcosa, lei vede rosso, ma non si ferma... poi le gambe le cedono, ancora, e precipitando urta e apre l'ultima porta... atterra, in ginocchio, su un terreno di schegge e di polvere. Le luci si accendono, o è una lampadina sola... un fulmine, un tremito elettrico, e in quella scarica lei ritrova il suo amore.
Inginocchiata e sbucciata, col vestitino lacero che tremola nel respiro di una corrente fredda che non si può spiegare... tiene ancora salda la lettera, che non si può più macchiare.
Mi dispiace che ti sia stato fatto del male, dice il biglietto, che lei non riesce a lasciare.
Chissà che non ti possa curare.
E l'indirizzo di quell'inferno.
Ma lei è lì, al suo cospetto, a offrirgli ancora, in tributo, il suo cuore spezzato.
La luce torna ancora, solo per poterglielo mostrare.
Senza trucco.
Lui, solo.
Lei non lo può più lasciare.
Si rialza, barcolla verso di lui. Le gambe, le braccia, tutto le fa male.
Gli cade addosso. Un silenzio.
Non riesce a smettere di guardarlo. Non riesce a pensare.
Là dove un tempo c'era il suo cuore... ora si sente solo bruciare.
Lui le scosta i capelli dal viso, sposta le ciocche che le ricadono sul petto. Le allenta il corsetto. Solo un po'. Per guardare.
I buchi degli aghi le hanno lasciato il loro segno.
La firma di qualcuno che l'aveva voluta fermare.
Le sue dita. La sfiorano. Toccano piano quei segni, uno per uno, li contano.
Lei trema. Di più, vorrebbe... di più.
Le sue mani non hanno i guanti.
Lei si sente scoppiare.
Mi dispiace...
La sua voce la uccide.
Non basta, non fa che alimentare... il bisogno pauroso che ormai lei sente di lui.
Lo guarda, e basta. Non parla, ogni cosa che vorrebbe dirgli... le muore in gola. Come dovrebbe morire tutto il resto.
Gli stringe la mano che conta le sue cicatrici, con le dita incrostate del succo del cuore che lui le ha mandato.
Almeno ora... sussurra lui, la tensione che sprigiona la sua voce ora più lieve del solito.
Non si sente più la musica... ma lei si sente comunque ancora vibrare.
So... qual'è il punto... perfetto.
La sua mano ricambia la stretta.
Lei sente la propria anima implodere, e uscirle a fiotti dalle orecchie.
Lo guarda, e basta. Negli occhi.
Schiude le labbra, per dire qualcosa. Lo sguardo di lui si sposta sulla sua bocca, in sospeso.
Lassù, alla festa, la chitarra riattacca, ancora.
Lei si alza, solleva la testa.
Lui le stringe più forte la mano - le loro dita sono ancora intrecciate sul suo reggiseno scoperto.
Poi le loro labbra si scontrano, di colpo, e ricomincia il bacio di tanto... troppo tempo prima.
Eri... vergine, vero? le chiede.
Lei abbassa gli occhi, e annuisce. Scusa, non dovevo..
Già. A me... non piace, lo sai?
Lei annuisce ancora.
Un atto ridicolo... che fa impazzire gli esseri umani. osserva, alzando le spalle.
Però... con te... le sue dita scorrono scorrono sotto la sua gonna, sfiorando il bordo delle mutadine. Perversamente... mi piace, conclude, abbassandogliele, all'improvviso.
Lei alza di nuovo lo sguardo, sorridendo, con aria di sfida.
Forse perché... io non sono un essere umano.
Lui ghigna. No, non lo sei. e la bacia di nuovo.
Nel buio lei riesce a intravedere solo il suo viso, ma non le serve altro.
Non sa dove siano, non sa su cosa siano appoggiati...
Ma non ci pensa, mentre lui la alza e fa scambio con lei di posto, facendola sedere... al bordo di quel trono... Le alza le braccia sopra la testa, e poi le apre il corsetto, senza smettere di guardarla e sorridere... lei osserva la luce inquietante nei suoi occhi, nell'imprevedibile crudeltà del suo ghigno... e da quella luce si sente riscaldare, è un calore insopportabile, si sente squagliare... si lascia spogliare e resta nuda sotto di lui, lo lascia fare... gli lascerebbe fare qualsiasi cosa... Lui le abbassa gli slip e la continua a guardare... Lei sorride... ha il suo stesso... bagliore spietato... c'è qualcosa in lei... che lo...
Lei sussulta, quando si sente leccare. Il tocco ruvido e bagnato della sua lingua sul collo... la assaggia e la assapora come se stesse davvero per divorarla... Dovrebbe essere spaventata, però... Non muove le braccia da come lui gliele ha disposte, come se l'avesse ammanettata... Lascia che le sue mani le scendano tra le gambe, le aprano le cosce... Un altro brivido, e il bruciante calore... della felicità.
Lei non riesce a fermarsi, e afferra di scatto i braccioli che li circondano. Quel trono dovrbbe essere... una poltrona, forse.
La sua bocca... la... sua... bocca... riesce solo a pensare.
Succede. Davvero. Di nuovo. è tutto ciò che le può risuonare nel cervello ora.
Dovrebbero parlare, tipo? E di cosa?
Tra loro qualsiasi cosa, o legame umano... non può esserci.
Nessuno dei due saprebbe dire come, eppure... in questo momento sono insieme, e altro non si potrebbe dire.
Sì... lo voglio...
Si sente impazzire, ma ormai che ci può fare?
Il suo cervello scoppia, il suo corpo anche...
Geme senza bloccarsi, e si lascia crollare.
Passa un tempo indefinito, scorre forse via l'intera notte... e quando la luce ritorna, li trova sotto i neon della sedia elettrica.
Buon san Valentino, piccola, le bisbiglia lui all'orecchio, appena hanno finito.
La lettera è ai piedi della sedia, accartocciata. Ci fiocca sopra la cenere di una sigaretta.
A lei scappa una risata, esausta.
Pesce d'aprile anche a te, J.
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