Cercando nel labirinto degli specchi

Friday, 26 October 2012

Wendy

Galleggiava, a occhi chiusi, sospesa in superficie, come una medusa nel suo abito bianco gonfiato dall'acqua calda.
La vasca era tutta per lei, deserta e calma, velata dal vapore che avvolgeva anche lei nel silenzio.
Berlin si godeva quella quiete, lontana dalla festa che aveva abbandonato - ormai non ricordava più da quanto.
Altrove, in uno dei piani di sotto, la solita serata di gala si consumava tra sorrisi falsi e champagne... ma lei era scampata all'agguato, e senza neppure dover aspettare mezzanotte.
Il suo calice, vuoto, era ancora lì, da qualche parte in quel paradiso di ovatta.
Era in quella sacra stanza da ore, e nessuno era venuto a cercarla...
Per fortuna.
Aprì gli occhi un secondo, giusto per controllare la porta - era ancora chiusa, per fortuna, serrata da dentro, per proteggerla. Le invasioni mondane la terrorizzavano.
Dai piani inferiori saliva remota una musica, qualcosa di classico, molto pacato e elegante... poteva immaginarsi gli invitati impegnati in una qualche anacronistica danza, mentre spettegolavano e trattenevano indietro la pancia. Berlin si sfiorò l'ombelico, sovrappensiero. Era così sollevata - non dover starsene in mezzo alla bolgia, a impedirsi di bere e torturarsi sentendosi inadeguata! Sperare che nessuno si avvicini... fare finta di non sospettare che le altre donne ridano di lei... nascondere i propri difetti, non pensare, fare finta di essere certa di essere la più bella presente... Quasi le veniva l'orticaria, al solo pensiero.
Fremette di piacere, sentendo di colpo le bolle dell'idromassaggio scoppiettarle lungo il collo - solitudine dorata...
Ehi, sirenetta.
Berlin a stento non schizzò fuori dalla vasca.
Si raddrizzò, passando dalla posizione della stella marina a quella del chiodo, e si guardò intorno col cuore sul punto di scoppiare.
Ehi! riuscì a rispondere infine, con un filo di voce tremante.
Il suo principe - quello che lei avrebbe voluto fosse il suo principe - stava appoggiato alla Nike di Samotracia, dall'altra parte della stanza, con la testa a colmare la decapitazione che il tempo aveva inflitto alla statua.
Stai bene, alato, aggiunse poi Berlin, riprendendo un po' di polso. Lui la guardava, con un sorriso beato, inclinando il capo come a contemplare un cucciolo carinissimo.
Grazie, tesoro, rispose dopo un po', scendendo dal piedistallo per avvicinarsi alla vasca, in tutto il suo sinistro splendore. Aveva un frac viola scuro, così scuro da sembrare nero, e, per la prima volta, un papillon, smeraldo, che anche sotto quelle luci soffuse dava risalto al suo colorito cereo. Potrei essere un angioletto, vero? ...No, finirei sicuramente per annoiarmi.
Si fermò a bordo vasca, senza sedersi o farle cenno di uscire. Restarono così a studiarsi, separati da qualche litro di acqua calda, dal profumo termale.
Fu Berlin allora ad avvicinarsi, fluttuando avanti nel suo vestito fradicio. Si appoggiò al bordo, posando il mento sulle braccia, incrociate strategicamente a coprire i punti in cui il tessuto si era fatto più decisamente trasparente. Odiava il suo corpo, e per quella sera almeno aveva sperato che nessuno lo vedesse.
Il nostro amico sa... che sei qui, dolcezza?
Berlin sorrise, sentendo il rossore incendiarle il viso. No... sono sfuggita alla festa, senza dirgli nulla.
Probabilmente, la risposta più sbagliata che si potesse dare a un tipo così pericoloso.
Lui schioccò la lingua, suotendo la testa. Tesoro, non è così che si fa! Non sai che l'etichetta prescrive di avvisare ugualmente il padrone di casa, anche nel caso non si intenda presenziare all'evento?
Sembrava soddisfatto. Berlin rise, contenta che lui la prendesse in giro così.
Chiedo scusa, hai ragione! Che enorme mancanza, da parte mia... manderò un biglietto di scuse, appena possibile, promesso.
Ben detto, cara, ben detto... commentò lui, continuando col tono paternalistico, mentre la porgeva una mano per aiutarla ad uscire. Mano guantata, niente di meno, con guanto viola in pelle, di gran classe, osservò lei, scherzando.
Mia cara, sai che sono un signore... rispose lui. Stava al gioco.
Berlin era terribilmente felice.
Poi si accorse di essere ora fuori dall'acqua, gocciolante in quella che sembrava una camicia da notte seminvisibile.
Wendy, mormorò lui, leggendole nel pensiero.
Berlin-Wendy avvampò, non sapendo da quale parte del corpo iniziare per coprirsi. E avere solo due mani non le avrebbe reso l'impresa facile.
Ma lui le si avvicinò ancora, e con la sinistra guantata le scostò i capelli bagnati che le ricadevano fin sul seno.
Il solo sentirsi sfiorare, e con un guanto per di più, riaccese il reattore nucleare nel petto di Berlin.
Ehi.. Wendyyy... Berlin rise alla terrificante citazione, dimenticandosi per un attimo di essere sul punto di svenire.
Rialzò gli occhi e lo guardò in faccia, stavolta davvero, per la prima volta da quando si erano conosciuti.
Sono già tutti morti, di sotto? chiese, con la voce incrinata dall'emozione, come una bambina alla sua prima cotta.
Incantevole, sussurrò lui, facendo scorrere l'indice sul suo collo.
Berlin abbassò gli occhi.
Ora... le avrebbe notate. Era impossibile non vederle, ora. S'irrigidì, e lui chiaramente se ne accorse.
La punta del suo dito era proprio lì, sulla più grande.
Berlin non osò controllare, ma era certa che lui stesse contando le sue cicatrici. Quelle "antiestetiche macchioline scure" che le costellavano il collo, e la schiena, e le spalle, e le gambe... e le tette, dannazione, le tette! Perché cazzo non era riuscita a evitarle, almeno lì? Perché non era riuscita a fermarsi?! Il semplice fatto che poi non avrebbe più potuto mostrarsi nuda non era bastato, evidentemente!
Ma forse... forse non le vedrà tutte... forse... questa ipotesi, che avrebbe dovuto confortarla, stranamente non la entusiasmava granché.
Questo doveva aver a che fare con quel elettrizzante tepore che le infondeva il suo tocco.
Tocco che non aveva interrotto... la sua mano era ancora lì, sul suo collo, e le dita percorrevano piano la distanza che separava un segno dall'altro. Lì erano piccole, semplici macchioline scure che un osservatore comune avrebbe potuto scambiare sicuramente per nei... ma lui non è comune, pensò Berlin, e fu la prima volta che quel pensiero la rattristò.
Poi l'indice guantato scese, e Berlin temette il peggio. Non era pronta. Tremò così forte da spalancare gli occhi verso di lui, che aveva cominciato ad accarezzarle il bordo dell'abito - la scollatura.
Non era una scollatura profonda, ma lei sapeva... che copriva solo per pochi millimetri la zona che avrebbe dovuto proteggere - No... voleva opporsi, voleva dirlo e fermare quello studio, ma aveva anche paura che lui fraintendesse... che capisse che lei non voleva essere toccata da lui... No, non poteva dargli questa impressione, perché...
Wendy.
Il suo sussurro, di solito sibilante di minaccia, adesso suonava quasi dolce - preoccupato.
Berlin lo guardò. Disappannò gli occhi - trucco con cui di solito fingeva di stare guardando in viso una persona, come la buona educazione imponeva di fare durante la conversazione, evitando così l'imbarazzo del contatto visivo con un altro essere umano, ma che con lui non funzionava -, dalle lacrime, stavolta, e lo guardò davvero.
La sua mano scese ancora, aprì tutti i bottoni, spalancando il corsetto sulla pelle nuda e umida di Berlin - e lei non se ne accorse neppure.
Quando capì, non cercò di nascondersi, sapeva che non le sarebbe stato possibile... restò lì, ferma.
Lui la accarezzò ancora, toccò ogni sua cicatrice, come se stesse giocando a unire i puntini per vedere che disegno c'era sotto.
Sai, se...  tu fossi... chiunque altro, io... l'avrei fatto col coltello, ma tu... 
S'interruppe, con lo bocca che sfiorava il suo collo. Berlin sentiva il calore del suo fiato sulla pelle, e le gocce di saliva che le scivolavano addosso ogni volta che il tono di lui si faceva più forte e le sue parole più veloci, all'improvviso.
Tu sei bellissima.
Poi la sua analisi riprese, e le strappò il vestito, gettandolo nell'acqua, come un'ala strappata di farfalla.
Berlin, il bozzolo, restò davanti a lui, senza più nulla addosso, se non le mutandine.
Bella... BELLISSIMA... Bella... BellissiMA... continuò lui, cantilenando fra sè e sè, con una voce fragile e lieve, che a tratti si faceva il sibilo di un demone. Bella... la ninnananna di un pazzo, mentre le sue dita scoprivano ogni cicatrice. Si chinò, per scrutare la pancia di Berlin, e ormai in ginocchio poggiò la fronte sul suo ombelico.
Questa è sempre la prima, sussurrò, e raddrizzandosi fu sul punto di riprendere la sua litania. Ma era all'altezza dei suoi slip, e...
Non farlo, lo pregò Berlin col pensiero, alzando gli occhi, chiusi come se fossero stati cuciti, al soffitto affrescato.
Tuttavia questa volta la loro telepatia non si accese, e il suo eroe la spogliò, alla fine, guidato nella scelta dal piccolo segno biancastro che a pochi millimetri dall'anca correva sotto il bordo dei suoi slip.
Un vecchio taglietto, che non ricordava neanche più come si era fatta.

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